Fraseggiare nella tonalità minore non pone sfide particolarmente diverse dal fraseggio in maggiore, tuttavia esiste un particolare aspetto armonico che, dopo tanta esperienza di insegnamento, vedo creare non poca confusione in chi si accosta al problema senza la dovuta preparazione. Studiando in conservatorio, infatti, un buon corso di armonia ci mette in contatto con gli elementi derivanti dalla musica classica che ci aiutano ad individuare, come elemento portante del fraseggio, la costruzione melodica. Iniziando a studiare la improvvisazione, invece, partendo dai manuali di armonia jazz siamo portati a dare una importanza eccessiva alle scale che, specie nella tonalità minore, concorrono alla costruzione melodica in modo integrato e non separato tra di loro. Negli esempi sottostanti vediamo come scala minore naturale, melodica e dorica possono concorrere alla costruzione di frasi che si impongono all’orecchio con efficacia anche se la sigla accordale di riferimento sembra richiedere la semplice scala dorica, come, ad esempio, in un II V I .
Nell’esempio sottostante invece, viene posta l’attenzione sul fatto che l’uso dei vari materiali in successione, comporta molto spesso un disallineamento della struttura armonica della frase rispetto a quella schematizzata dalle sigle. Per questo motivo lo studio degli assoli e delle frasi trascritte dalle performance dei musicisti di riferimento, resta un lavoro insostituibile perchè ci mette in contatto con la varietà infinita delle possibilità melodiche a nostra disposizione evitandoci, specie nei primi anni di studio, di cadere nell’equivoco che il fraseggio debba rispettare in modo assoluto lo schema armonico dettato dalle sigle e le scale relative collegate agli accordi riportati nella griglia del brano.
Nel fraseggio in minore, quindi, in ultima analisi, la scala di riferimento può essere sempre considerata la scala minore naturale dove però sesta e settima si muovono, tornando ad essere maggiori, a seconda della costruzione della frase.