Il flauto nel Jazz
Anche il flauto, sebbene quasi assente nel jazz delle origini, ha poi, come altri strumenti a fiato, avuto un notevole utilizzo nelle orchestre swing. Il tipico organico delle orchestre swing vede infatti i sassofonisti, muniti di flauto e clarinetto come strumenti accessori. Nella musica cubana il flauto trova invece un posto di primo piano come voce solista. Nelle orchestre di musica leggera allargate, dagli anni sessanta in poi, il flauto ritrova il suo posto fisso, così come è sempre stato nell’orcherstra sinfonica, all’interno della sezione dei “legni”. La forte diffusione della musica orchestrale come supporto delle trasmissioni televisive e delle opere cinematografiche, ha favorito poi, fino ai giorni nostri, l’affermarsi di organici versatili, capaci di soddisfare le esigenze più disparate e di riprodurre, all’occasione, tutti i generi musicali. Rimanendo in ambito jazzistico la evoluzione dell’orchestra jazz ha continuato spesso ad limitare il flauto a strumento accessorio nelle mani dei sassofonisti. Ciò ha probailmente determinato una naturale contaminazione tra la tecnica improvvisativa dei due strumenti, sassofono e flauto, appunto. Solisti famosi di questo strumento sono quindi spesso anche sassofonisti come James Moody, Frank Wess, Roland Kirk o Yousef Lateef. Squisitamente flautisti sono invece Hubert Laws, Dave Valentine, Nicola Stilo.
La improvvisazione
Rispetto al sassofono, il flauto ha una storia molto più antica e in effetti la purezza e rotondità del suono ne testimoniano la lunga evoluzione che lo ha reso uno strumento dalle grandissime potenzialità. Se il sassofono, grazie alla suo suono potente e capace di imitare le inflessioni della voce umana, ha quasi monopolizzato, insieme alla tromba, il panorama del jazz, la pulizia e la precisione di attacco del flauto, la sua incredibile agilità ed omogeneità timbrica, ne fanno uno strumento veramente efficace nella improvvisazione e nella musica in generale. Confrontando sax e flauto nell’improvvisazione, è mia opinione, che dal punto di vista della costruzione delle frasi e del tessuto ritmico dell’assolo la analogia sia completa. Unica difficoltà in più, rispetto al sax, è costituita probabilmente dal fatto che, avendo un impatto sonoro inferiore nel registro medio-basso, diminuisce di conseguenza la capacità di fare “accordo” con i suoni del contrabbasso, del piano o della chitarra, a meno che non si utilizzi una buona amplificazione che però non può costituire un supporto sempre presente durante lo studio che, come si sa, è la parte più cospicua della attività di un musicista. Rimandare questa esperienza solo ai momenti di esibizione non è sufficiente a sviluppare il senso di una costruzione melodica ben organizzata armonicamete e a modificare il proprio studio di conseguenza. Per imparare a fraseggiare con precisione è quindi consigliabile, come per il sassofono ma ancora di più per i motivi appena accennati, non affidarsi alla pratica empirica ma ad un programma di pratiche ben strutturate dove i singoli aspetti da potenziare possano essere affrontati con la dovuta tranquillità, sicurezza ed efficacia. Nella pagina “Improvvisazione Jazz” puoi scoprire alcune delle pratiche che fanno parte della routine di studio durante le lezioni online. Queste pagine dimostrative non sono sufficienti a raggiungere dei risultati apprezzabili e l’apporto dell’insegnante resta determinante. Purtroppo oggi, come consumatori, siamo portati a difenderci dalle continue richieste che ci vengono fatte ma il rischio, in questo caso, è sicuramente quello di non capire che risparmiare il denaro delle lezioni ci può portare a non raggiungere mai qualcosa a cui teniamo veramente. Scopri le lezioni on line qui: Lezioni online di improvvisazione
In basso una piccola playlist di flautisti jazz… buon ascolto!