Migliorare il suono del sax

Obiettivi

I tipi di sonorità ottenibili con il sassofono sono moltissimi e man mano che si procede nella propria crescita di sassofonista è necessario formarsi  una idea precisa del suono che si vuole ottenere. Ascoltando i grandi sassofonisti potremo acquisire un modello e farci guidare verso di questo da un insegnante. La necessità di farsi guidare scaturisce dal fatto che la acquisizione di una impostazione adeguata alla scelta di sonorità che abbiamo fatto, non avviene automaticamente ma attraverso il conseguimento di una serie di tappe intermedie la cui successione non è spesso chiara agli stessi insegnanti e che quindi richiede, per essere praticata, perizia, pazienza e attenzione costante da parte di insegnante e allievo. L’esperienza ci insegna, infatti, che la maggior parte dei problemi relativi al suono derivano dal tipo di impostazione  adottata, perciò, prima di addentrarsi in inutili speculazioni sugli accessori da utilizzare, è bene assicurati di avere affrontato i problemi relativi alla impostazione nel modo migliore possibile. Questo argomento viene trattato nelle pagine sulla respirazione e  l’imboccatura. La maturazione di una minima impostazione di base non può richiedere meno di uno o due anni, nei quali sarà cura del vostro insegnante di guidarvi nella esplorazione dei vari aspetti della musica in un modo consono a questa fase di crescita. In seguito il modo più diretto di lavorare sul suono è, come già detto, quello di riferirsi ad un modello da tenere in mente cercando gradualmente di accostarvisi lavorando sugli aspetti tecnici come la pressione dell’aria, la pressione delle labbra e dei muscoli del mento, sulla forma interna della bocca che influenza il suono nello stesso modo in cui ci aiuta a pronunciare le diverse vocali mentre parliamo. Una volta individuato un modello quindi, la capacità di imitarlo e di fare un passo nella direzione di maturare una propria personale sonorità dipende da quanto siamo in grado di percepire e di trattenere in mente quel particolare suono. All’inizio tutti i suoni sembrano più o meno uguali e il suono sembra tanto più bello quanto più ci è gradito il brano che lo contiene. Col tempo, ascoltando e suonando il proprio strumento diventiamo sempre più in grado di percepire sfumature e caratteristiche timbriche. Quindi per mettere a fuoco il tipo di suono che si vuole ottenere è necessario ascoltare tanta, tanta musica e migliorare così la propria capacità di ascolto che potrà poi essere diretta al nostro proprio suono.

Esercizi

Ad aiutare in questa ricerca del suono intervengono una serie di pratiche come quella degli armonici o la attenta esecuzione di frasi musicali che aiutino ad imparare con attenzione l’uso dei soli tre elementi in gioco nella modulazione del suono: la intonazione, il volume e l’attacco. Questi tre aspetti vengono affrontati nelle lezioni online e non possono, al momento essere sviluppati in un articolo scritto.

Problemi di emissione dovuti ad ancia e bocchino

Appoggiando la parte cava del bocchino su un tavolo si può notare che la punta si trova leggermente sollevata dal piano del tavolo. Questo avviene perchè il bocchino è tagliato in modo che l’ancia si trovi bloccata alla sua base ma libera di vibrare sulla punta. Più l’inclinazione del taglio è pronunciata più la punta dell’ancia si troverà lontana dalla punta del bocchino. Questa distanza è appunto detta “apertura” e viene indicata nella figura come “tip opening”. L’apertura del bocchino viene indicata da un numero, generalmente stampato sul bocchino stesso, che va  da circa 4 a 8 ed oltre. Alcune case produttrici  hanno diversi tipi di numerazione. Ad esempio la Selmer usa le lettere da C a G ed oltre, la Vandoren usa una lettera seguita da un numero etc etc. Il significato però è lo stesso: tanto più è aperto il bocchino e tanto più aumenta la distanza della punta dell’ancia dalla punta del bocchino. Questo determina, durante l’emissione,  il passaggio di un quantità di aria maggiore e costringe l’ancia ad un movimento più ampio.

Il movimento oscillatorio della punta dell’ancia è fisicamente ciò che produce il suono che viene poi amplificato dallo strumento. Questo movimento ha a sua disposizione tutto lo spazio offerto dalla “apertura” del bocchino appena descritta ma in realtà l’ampiezza di questo movimento dipende anche da altri fattori che sono 1) la forza con cui spingiamo l’aria nello strumento (maggiore pressione = maggiore ampiezza del  movimento oscillatorio dell’ancia) 2) dalla rigidità dell’ancia stessa. Una oscillazione completa si svolgerà quindi con maggiore difficoltà se l’ancia è di gradazione alta (più rigida) o inversamente, un’ancia morbida, di gradazione inferiore a 2,5 opporrà meno resistenza vibrando più facilmente. Un’ancia più morbida, flessibile e leggera richiede quindi uno sforzo minore di insufflazione.

Come la numerazione del bocchino anche la numerazione delle ance (da 1,5 a 4 ed oltre) è diversificata per le varie case produttrici pur essendo quella semplicemente numerica la più diffusa. Un ancia 1,5 Vandoren può essere considerata la più morbida e adatta per il primo giorno. Se il bocchino però e troppo chiuso basterà pochissima pressione per occludere completamente il passaggio dell’aria impedendo la fuoriuscita del benchè minimo suono. Tale risultato dipende dal fatto che in definitiva la pressione richiesta per suonare è data dal rapporto tra la durezza dell’ancia e l’apertura del bocchino. Questo rapporto deve essere controllato da un esperto  dato che la qualità delle imboccature in dotazione nei sax economici può essere disastrosa e scarsamente gestibile da un principiante attraverso le sole informazioni teoriche. Quindi se non riuscite a suonare seguendo le istruzioni di queste pagine o del vostro insegnante passate subito ad una verifica del vostro equipaggiamento o sarete portati a risolvere la situazione con movimenti e posizioni scorrette che diverranno nel breve spazio di pochi giorni una abitudine poi difficilissima da perdere.

 

Nell’ immagine  qui a fianco si può vedere bene in cosa consiste la “apertura” del bocchino (tip opening) ovvero la distanza tra la punta dell’ancia e la punta del bocchino. Si può anche intuire, guardando l’ancia montata, come questa possa oscillare durante la emissione del suono.  Più l’ancia è dura e più il bocchino è aperto maggiori sono il volume sonoro e lo sforzo da compiere. Se si esagera con durezza e/o apertura l’ancia tenderà a muoversi pochissimo  lasciando passare l’aria senza produrre alcun suono o un suono molto afono. Ciò richiederà inoltre un grande sforzo. Se si esagera nella chiusura e/o nella morbidezza l’ancia tenderà a chiudere il passaggio dell’aria senza produrre, di nuovo, alcun suono o un suono debolissimo.

Altra caratteristica fondamentale del bocchino è l’accuratezza con la quale è tagliata la “tavola” che determina, quando non perfettamente piatta, un rendimento sempre diverso delle varie ance. Questo va ad incidere sulla qualità del suono in modo più sottile di apertura e durezza dell’ancia e diventa perciò oggetto di interesse in una fase più avanzata. Lo stesso dicasi per i materiali (plastica, ebanite, bachelite, metallo, vetro) o per le fascette di bloccaggio spesso ritenute miracolose ma a volte semplicemente in grado di compensare i difetti di taglio del bocchino offrendo un supporto più elastico (fascette di pelle).

Il Sassofono

Come è ovvio pensare, lo strumento incide per una buona parte nella qualità del suono prodotto. La fattura dei vari modelli si è lentamente omologata intorno a caratteristiche ormai standardizzate che non giustificano la ricerca, da parte di un principiante, di modelli sofisticati capaci di esprimere qualità sonore che un orecchio non educato non può percepire. Per passare ad uno strumento di grande qualità il mio consiglio è dunque quello di attendere una fase piuttosto avanzata della propria preparazione quando l’esperienza potrà metterci in grado di decidere con consapevolezza quale strumento scegliere. Gli aspetti dello strumento essenziali alla riuscita di una ricerca timbrica ed espressiva  riguardano quindi non tanto le qualità “innate” dello strumento quanto piuttosto la accuratezza delle regolazioni e la capacità di mantenerle nel tempo. Alcuni strumenti, ad esempio, sono talmente duttili nella lega che le chiavi tendono a flettersi determinando il problema più grave per un sassofono che è quello di non chiudere perfettamente i fori quando le chiavi vengono azionate. Se la chiusura di una sola chiave non è perfettamente ermetica il timbro ne risente in modo decisivo. I motivi per i quali è quindi preferibile adottare uno strumento nuovo ed il tipo di strumento vengono descritti in questo articolo nel paragrafo: acquisto dello strumento.

Modi di trattare il suono

La tecnica usata durante la emissione del suono resta l’aspetto più importante nella qualità del timbro ottenuto. La importanza di questo aspetto è tale che in confronto la qualità dello strumento e il timbro che lo caratterizza, sono infinitamente meno rilevanti rispetto al controllo espressivo del suono operato durante l’esecuzione. Il controllo espressivo avviene, nello specifico, controllando l’attacco, il volume e l’intonazione nei suoi vari aspetti che sono il portamento, il vibrato, il glissato.  Nella emissione dell’aria è essenziale su quale punto della colonna d’aria viene posta la maggiore pressione. Come viene spiegato in parte nella sezione dedicata alla respirazione, già citata in questa pagina, il diaframma può spingere i polmoni dal basso comprimendoli dentro la gabbia toracica. Oppure può posizionarsi con forza a contrastare una spinta verso il basso della gabbia toracica. Visivamente queste due modalità determinano nel primo caso un movimento verso l’interno dei muscoli addominali mentre nel secondo un parziale rigonfiamento di questi verso l’esterno. A proposito di questa ultima modalità voglio citare un esercizio che ho visto circolare fra i sassofonisti nel quale una cintura posta sopra l’ombelico e stretta il minimo necessario a non cadere, doveva essere mantenuta in posizione durante la emissione di suoni molto lunghi (qulcuno attribuisce l’origine di  questo esercizio a Joe Allard che è stato l’insegnante fra i tanti di Bob Berg, Michael Brecker, Joe Lovano Dave Liebman, Steve Grossmann  etc ). Queste due differenti modalità di spinta dell’aria producono, nel primo caso, un suono morbido che aiuta il legato, smussa gli spigoli e non penetra particolarmente fra gli altri suoni. Il secondo approccio favorisce un suono tagliente e diretto più preciso nella intonazione e che enfatizza la articolazione ritmica delle frasi. Un sapiente dosaggio di questi due tipi di spinta aiuta nella produzione del timbro più adatto alla intenzione musicale del momento. In ognuna delle due direzioni può inoltre intervenire la glottide, in misura minore, la lingua determinando un ulteriore schiacciamento del suono utile, fra l’altro, a compensare la strozzatura naturale delle note più afone del sassofono (Do, Do# centrali).

Altri espedienti espressivi che però coinvolgono anche le chiavi sono il mordente, l’acciaccatura e i gruppetti. Questi argomenti sono tutti trattati nelle lezioni on line.

 

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